giovedì 7 febbraio 2013

Carnevale


La parola carnevale deriva dal latino "carnem levare" ("eliminare la carne") poiché anticamente indicava il banchetto che si teneva l'ultimo giorno di carnevale (martedì grasso), subito prima del periodo di astinenza e digiuno della Quaresima, dove, appunto, si sarebbe dovuta levare la carne dalle tavole.

Benché presente nella tradizione cattolica, i caratteri della celebrazione del Carnevale hanno origini in festività ben più antiche, come per esempio le dionisiache greche o i saturnali romani. Durante le feste dionisiache e i saturnali si realizzava un temporaneo scioglimento dagli obblighi sociali e dalle gerarchie per lasciar posto al rovesciamento dell'ordine, allo scherzo e anche alla dissolutezza.


Le prime notizie sul Carnevale, all’inizio un vero e proprio rito religioso, risalgono ai tempi degli Egiziani. All'epoca dei faraoni, il popolo, mascherato, intonando inni e lodi, accompagnava una sfilata di buoi che venivano sacrificati in onore del dio Nilo.


Se i Greci dedicavano il rito al dio del vino Dionisio, è soprattutto nel mondo romano e delle sue feste popolari, che possiamo ritrovare le origini del nostro carnevale.

I Romani si lasciavano prendere dall’euforia durante i Baccanali: festeggiamenti in onore del dio Bacco che si svolgevano lungo le strade della città e prevedevano l'uso di maschere, tra fiumi di vino e danze.
Famosa era anche la festa di Cerere e Proserpina, che si svolgeva di notte, in cui giovani e vecchi, nobili e plebei si univano nell’entusiasmo dei festeggiamenti.
In marzo e dicembre era poi la volta dei Saturnali, le feste sacre a Saturno, padre degli dei, che si svolgevano nell'arco di circa sette giorni durante i quali gli schiavi diventavano padroni e viceversa, dove il "Re della Festa", eletto dal popolo, organizzava i giochi nelle piazze, e dove negli spettacoli i gladiatori intrattenevano il pubblico.

Con il cristianesimo questi riti persero il carattere magico e rituale e rimasero semplicemente come forme divertimento popolare.

"Semel in anno licet insanire" è il motto che guida le feste carnevalesche.

Durante il Tardo Medioevo il travestimento si diffuse nei carnevali delle città. In quelle sedi il mascherarsi permetteva lo scambio di ruoli, il burlarsi di figure gerarchiche, le caricature di vizi o malcostumi con quelle stesse maschere che sono poi diventate simbolo di città e di debolezze umane.

La maschera, più che a nascondere la propria identità, serviva per assumerne temporaneamente un'altra.

Nel Rinascimento i festeggiamenti in occasione del Carnevale furono introdotti anche nelle corti europee ed assunsero forme più raffinate, legate anche al teatro, alla danza e alla musica
La festa carnevalesca raggiungerà il massimo splendore nel XVI secolo, nelle strade della Firenze di Lorenzo dei Medici. Danze, lunghe sfilate di carri allegorici e costumi sfarzosi segnano una svolta di questa festa, amatissima nella culla rinascimentale.

Con gli attori della Commedia dell'Arte, alla fine del '500, alcuni dei tipici personaggi carnevaleschi prendono forma e vengono caratterizzati nel linguaggio e nella gestualità. Nascono "le maschere" che penetrano nella tradizione collettiva e ci accompagnano ancora oggi.







  Pare che la più antica fra le maschere classiche, sia Arlecchino, originario di Bergamo. Nel secolo XVI da Venezia arrivò la maschera di Pantalone e da Napoli Pulcinella, seguiti dal Dottor Balanzone di Bologna. Gli altri famosi personaggi del Carnevale italiano vengono da Torino (Gianduia), da Firenze (Stenterello), da Bergamo ancora (Brighella) e da Venezia il personaggio femminile più famoso che è Colombina.


Da un punto di vista storico e religioso il carnevale rappresentò, dunque, un periodo di festa ma soprattutto di rinnovamento simbolico, durante il quale il caos sostituiva l'ordine costituito, che però una volta esaurito il periodo festivo, riemergeva nuovo o rinnovato e garantito per un ciclo valido fino all'inizio del carnevale seguente. Il ciclo preso in considerazione è, in pratica, quello dell'anno solare.

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