sabato 17 ottobre 2015

Una mostra d'arte a Parigi



Su qui: http://espresso.repubblica.it/visioni/societa/2015/09/14/news/una-mostra-racconta-la-prostituzione-a-parigi-durante-la-belle-epoque-1.229351

un articolo interessante, per una mostra inusuale





Si chiama “Splendori e miserie” - titolo ispirato alle celebri cortigiane di Honoré de Balzac, la grande mostra che apre la rentrée del Museo d’Orsay e che crea attesa nel settembre di Parigi: una prima assoluta dedicata a sessant’anni di prostituzione, nel periodo dal 1850 al 1910.

La mostra, che aprirà il 22 settembre e durerà fino al 17 gennaio (proseguirà poi al museo Van Gogh di Amsterdam, che partecipa all’organizzazione), mette in evidenza come la prostituzione abbia profondamente influenzato il modo di dipingere degli artisti dell’epoca: con documenti (molti gli scritti originali in mostra), quadri e fotografie.

Perché dalla metà dell’Ottocento alla Prima Guerra mondiale il fenomeno occupa una posizione predominante nella società francese, anche sull’onda del marchese de Sade (morto nel 1814) e dei suoi libri inneggianti al libertinismo. Per tutto il diciannovesimo secolo il “divin marchese” è messo al bando, in Francia, ma è proprio questo il periodo in cui si verifica l’espandersi delle case chiuse (legalizzate nel 1804) che occupano un posto di rilievo in questa mostra.

Gli artisti francesi e stranieri che vivono a Parigi nella metà del diciannovesimo secolo, quindi, sono affascinati dai bordelli: considerati luoghi che stimolano l’immaginazione, simboli di voluttà, iniziazione, trasgressione. Nessuno resiste a quello che i francesi chiamano “fantasme”, parola dal significato strettamente sessuale che indica appunto un’eccitazione per un oggetto del desiderio ben preciso.


Nessun artista riesce a sottrarsi alla tentazione di ritrarre gestualità o scenari legati al più vecchio mestiere del mondo. E infatti in “Splendori e miserie” troviamo tra gli altri Picasso, Degas, Cézanne, Van Gogh e Manet. Ed ecco così le case chiuse di Toulouse-Lautrec, Munch, Degas, Bernard: le loro opere sono a volte più immaginate che legate a visite reali dei bordelli, ma nei loro quadri si respira l’atmosfera di attesa da parte delle prostitute prima dell’arrivo dei clienti. Toulouse-Lautrec rappresenta la quotidianità di queste donne mentre si lavano o si pettinano prima di iniziare il lavoro. Le ragazze nei bordelli erano sottoposte ad attenti controlli sanitari: così Toulouse-Lautrec, che per altro in queste case ci aveva vissuto spesso, ci regala “L’ispezione medica”, lui che come nessun altro riesce a dipingere queste ragazze in semplicità, a volte quasi con malinconia, e certamente né come donne fatali né come vittime del sistema.


Parigi è una città in fermento in quegli anni, quelli che vanno dal secondo impero alla Belle Époque. Ed è un fermento dove prostituzione prolifera: la Ville Lumière diventa sempre più anche capitale del piacere come se fosse un teatro a cielo aperto dove tutto è tollerato. Cresce il numero di cabaret e di caffe-concerti e aumenta il numero dei turisti che affollano locali come il Moulin Rouge e le Folies Bergère.


Le prostitute non sono confinate soltanto nei bordelli o nei “boudoirs” (anche questi resi celebri da Sade). Sono ovunque: nelle strade, nei teatri, nei caffè (dove una donna onesta non può andare se non accompagnata) ed è spesso difficile distinguerle dalle altre donne perché loro stesse giocano su quest’ambiguità. Durante il giorno qualunque forma di “vagabondaggio” è proibita e allora sono la gestualità, lo sguardo, il modo di accendere una sigaretta a fare la differenza: e questo viene rappresentato nelle opere di Boldini e Valtat.

La sera, invece, tutto è permesso: Parigi sta cambiando aspetto grazie alla nascita dei boulevard (che come dice Flaubert «Mi sembrano essere la cosa più bella di Parigi, è lì che la prostituzione si espande e gli occhi brillano»), e al nuovo sistema di illuminazione che le donne di strada sfruttano per evidenziare al meglio i loro visi truccati. La sera è anche il momento in cui le operaie hanno finito la loro giornata lavorativa: alcune, che non guadagnano abbastanza per mantenere la famiglia o pagare le spese, arrotondano offrendo i loro favori.

Ci sono poi le cortigiane, diventate ricche con la loro professione, un esempio di riscossa sociale. Loro stesse commissionano ritratti e fotografie (a pittori ufficiali) e talvolta dettano legge su come vestirsi. Nel registro della polizia del buoncostume sotto questa definizione ci sono i nomi di Jeanne de Tourbay, Blanche d’Antigny, Hortense Schneider, Marguerite Bellanger, Sarah Bernhardt. Sono tenute d’occhio perché considerate “stelle della prostituzione di alto livello” e si sospetta abbiano “relazioni venali e clandestine” in cui puntano a farsi mantenere giocando sulla bellezza più che sui talenti di attrici o cantanti, professioni che sono il loro biglietto da visita.

Ma nella mostra parigina troviamo anche le “pierreuses”, prostitute di strada che hanno avuto meno fortuna e che si vendono per pochi soldi.


Gli scenari sono quindi molteplici: dalla strada agli hotel di lusso alle stanze dei bordelli. E l’Opéra, dove le tante ragazze che vi lavorano sognano di farsi mantenere o sposare da un ricco signore (perché, come sostiene sempre Balzac, «ogni donna la sua fortuna ce l’ha tra le gambe»), come mostrano le opere di Degas e di Béraud o dove si incontrano signore dai tratti celati da maschere. E il tema dei balli in maschera è molto gettonato da Giraud, Manet e Gervex. In questo periodo cresce poi a Parigi il numero delle “brasserie à femmes” dove si incitano i clienti a bere e non solo.

La mostra (con ampio spazio anche per la fotografia, che nasce nel 1839) è un viaggio in questo universo dalle diverse sfaccettature della prostituzione. Che investe tutti i ceti: gli splendori e le miserie appunto. Dunque permette anche di tracciare un quadro sociale dove emerge il ruolo della condizione femminile, seppure vista soltanto dall’occhio maschile.

In questo trionfo di piacere e dissolutezza, miseria e lusso, da non perdere la sensuale “Olympia”di Édouard Manet. Il nome Olympia era spesso adottato dalle prostitute parigine: questa, dai capelli rossi, è ritratta sdraiata e nuda, mentre si copre il pube con una mano e guarda con espressione di sfida l’osservatore. Quando l’opera fu presentata, nel 1865, fu uno scandalo: perché rappresentava la prostiturtiszione in forma monumentale e con tutta la libertà del tocco del grande ata.










































1 commento:

  1. C'era poesia anche in un tema scottante come questo...
    Adoro il Museo D'Orsay, ci sono stata recentemente e ogni volta è meglio della precedente!!
    Buona serata
    Loredana

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