mercoledì 30 novembre 2016

Tsukumogami

Secondo i giapponesi anche gli oggetti hanno un'anima. Un'anima che entra in contatto con quella della persona che ne fa uso. Gli oggetti sono utili, ci aiutano nel nostro lavoro, ci confortano, ci fanno compagnia e rallegrano la nostra vita con la loro utilità o con la loro bellezza. Ogni cosa ha una sua essenza e col passare del tempo si anima diventando uno spirito quando compie cento anni. L'aspetto di questi spiriti varia a seconda di come l'oggetto è stato trattato durante questi cento anni. Se è stato trattato senza cura ed è stato buttato via senza rispetto perchè ritenuto ormai vecchio, inutile o sorpassato, esso si trasformerà in uno spirito maligno, che cerca vendetta ed ha un aspetto terrificante, se, invece, è stato ben conservato e rispettato nella sua essenza, sarà uno spirito benevolo e di bell'aspetto.
Per questo motivo, per evitare ritorsioni da parte degli oggetti-spiriti malevoli, i giapponesi danno vita a cerimonie propiziatorie per rendere grazie agli oggetti ormai inutilizzabili.
Questi riti si chiamano kuyou e sono delle speciali cerimonie funebri che danno l'opportunità di distruggere gli oggetti che non servono più.





Una delle più famose tra queste cerimonie è la ningyou kuyou, il funerale delle bambole che sono state amate, ma che sono orami fuori uso. Di solito si svolge in ottobre;  si prega per le bambole che hanno dato gioia alle bambine, le si ringrazia per quanto hanno fatto e alla fine le si brucia e le si affida a Kannon, il dio della compassione.





Un'altra cerimonia famosa è quella che si svolge l'8 febbraio, la harikuyou, il funerale degli aghi rotti. HariKuyo è l'ultimo giorno del capodanno giapponese ed è dedicato alla divinità protettrice delle risaie. Tradizionalmente in quel giorno non si fanno lavori di cucito e le sarte dimostrano gratitudine agli aghi rotti e ossidati arricchendoli di cappucci colorati e infilandoli in torte di tofu o in cuscini per portarli al tempio dove vengono purificati. La cerimonia serve a ringraziare gli aghi per il lavoro svolto, a propiziare il miglioramento delle proprie abilità di cucito e ad allontanare dispiaceri e preoccupazioni che si trasferiscono negli aghi durante le lunghe ore di lavoro.









martedì 29 novembre 2016

Il castello di Moritzburg

Come tutti gli altri paesi della vecchia Europa, anche la Germania conserva la ricca testimonianza di un passato e di uno stile di vita ormai lontani e non più ripetibili, che, forse proprio per questo, conserva e trasmette un fascino particolare.



Tra i numerosi castelli sparsi qua e là sul suo vasto territorio, oggi ci rechiamo in Sassonia per conoscere, non lontano da Dresda, il castello di Moritzburg.




Fatto costruire nel 1542 dal duca Moritz come casino di caccia in stile rinascimentale, nel 1723 fu affidato dal Principe Elettore Augusto il Forte, all'architetto Matthaus Daniel Poppelmann, perchè lo trasformasse in una residenza di divertimento e piacere in stile barocco, secondo il gusto dell'epoca.



Il castello, al quale si accede da un lungo viale lungo circa 5 kilometri , è circondato da un grande parco e sorge su un isolotto in mezzo ad un laghetto artificiale.
L'edificio è sorretto da quattro torri cilindriche ed  ha una facciata di color bianco e ocra, come  tutti i palazzi in stile barocco in Sassonia.





La scalinata e la terrazza del castello sono decorate da eleganti statue in arenaria.








Nel parco si trova la Fasanerie, un piccolo castello dei fagiani, recentemente restaurato,che oggi ospita un museo di ornitologia.






Negli arredi e nelle decorazioni  degli interni, il castello di Moritzburgh ripropone la sintesi della sua storia. Il tema venatorio in particolare è ricorrente tanto nei raffinati arazzi in pelle dipinta con scene di caccia, che rimandano spesso a Diana e alla mitologia greca, quanto nei numerosi palchi di cervi che decorano gli alti muri bianchi della sala da pranzo.




Davvero curiosa la Camera delle Piume, nella quale oltre due milioni di coloratissime piume di anatre, fagiani e pavoni fanno da corredo al sontuoso letto di Augusto il Forte.


 
Oggi il castello è visitato da numerosi turisti attratti dalla bellezza del luogo e dai numerosi eventi che vi si celebrano soprattutto nella stagione estiva.

lunedì 28 novembre 2016

gambe all'aria







Ma chi l'ha detto che bisogna rimanere sempre con i piedi per terra e guardare dove si mettono, i suddetti piedi? Non è bello, a volte, fare una pazzia e capovolgere la realtà? Fare una capriola o anche semplicemente rilassarsi stando sdraiati e guardando il cielo, con le gambe sollevate in modo che riposino? Il senso figurato delle gambe all'aria non è bello, significa cadere male, fallire. Ma lasciamo perdere i modi di dire tradizionali e godiamoci l'allegria di una cosa fuori dall'usuale!



























I modo di dire che utilizzano le gambe in senso figurato sono parecchi:
essere in gamba = essere abile, in buona salute
andare a gambe levate = fuggire di corsa
andarci con una gamba sola = avere tanta voglia di andare, che....
andare dove portano le gambe = andare senza meta
avere buone gambe= essere buoni camminatori
avere le gambe che fanno giacomo giacomo = avere gambe tremanti di paura o stanchezza
andare con le proprie gambe= arrangiarsi da soli
con le gambe sotto il tavolo = a tavola, rilassati
darsela a gambe= fuggire
essere di gamba lesta= veloci nel camminare
farsi le gambe = abituarsi a qualcosa, allenarsi
mettersi le gambe in spalla = avviarsi di buon passo
prendere sotto gamba = non dare il giusto peso
raddrizzar le gambe ai cani = fare una cosa inutile
tagliare le gambe = privare qualcuno della possibilità di agire
stirare le gambe= morire


















domenica 27 novembre 2016

To Audrey with love

Leggo qui:

che si è aperta a Parigi una mostra sulla carriera di Hubert de Givenchy e sul suo sodalizio con Audrey Hepburn.








Con la mostra “Hubert de Givenchy: To Audrey withLove”, ospitata dal Gementemuseum all’Aja, in Olanda, dal 26 novembre 2016 al 26 marzo 2017, Hubert de Givenchy rende omaggio alla sua musa Audrey Hepburn, proprio in Olanda, dove l'attrice trascorse diversi anni della sua infanzia.

Si tratta di una grande retrospettiva sul lavoro del famoso stilista francese, uno dei principali fashion designer del ventesimo secolo e leggenda vivente nella storia dell’haute couture, la cui carriera si sviluppò in parallelo con quella di Christian Dior e Cristóbal Balenciaga. La mostra è stata curata seguendo le indicazioni di Hubert de Givenchy, il che permette di avere uno sguardo unico sulla sua carriera che abbraccia mezzo secolo: dall’apertura della casa di moda nel 1952 fino al ritiro nel 1995. Lo stilista ha selezionato personalmente diverse delle sue creazioni preferite, molte delle quali mai esposte prima al pubblico. 





 La retrospettiva raccoglie gran parte degli abiti indossati dalla Hepburn nei suoi film più famosi, tra cui il leggendario tubino nero di “Colazione da Tiffany”, e capi creati da Givenchy in quasi mezzo secolo di carriera, fino al suo ritiro nel 1955.



Audrey Hepburn una volta ha detto che gli abiti di Givenchy erano gli unici nei quali si sentiva a suo agio. Ed è proprio questo rapporto particolare ad aver spinto Monsieur Hubert de Givenchy a intitolare la mostra “To Audrey with Love”, che peraltro è il titolo del suo recente libro, anch’esso a lei dedicato. Nella mostra tutti gli abiti disegnati da Givenchy per l’attrice, quindi schizzi, disegni, fotografie e materiale cinematografico.