lunedì 13 febbraio 2017

La Piccola Posta

Oggi nessuno si meraviglia se un bambino di tre anni sa trovare da solo il tasto giusto per vedere i cartoni della Peppa Pig sul cellulare della mamma. Probabilmente quando arriverà a settant'anni, dopo aver sperimentato tutte le novità tecnologiche, non  ricorderà più di quanto si è divertito da bambino con quell'aggeggio preistorico.

Io invece a settant'anni ho qualche difficoltà a gestire il cellulare di nuova generazione, ma ricordo bene tutti, o quasi, i giochi che hanno rallegrato la mia infanzia. E ciò che più conta, quel ricordo ancora mi emoziona.

A dicembre , in occasione dell'arrivo di Santa Lucia, si preparava una letterina piena di condizionali - vorrei...mi piacerebbe...potresti...- e si elencavano timidamente quelle due o tre cose che ci stavano più a cuore, viste, ammirate e desiderate nella vetrina della cartoleria del paese. E devo dire che Santa Lucia era proprio in gamba : benché fosse notoriamente cieca, non solo leggeva le letterine, ma nella gerla del suo asino trovava proprio quelle cose che avevamo sperato ardentemente di ricevere.
Di più: benché non ci conoscesse personalmente, ci sorprendeva con altri doni a sorpresa che combaciavano  perfettamente con i nostri gusti...come quella volta che mi aveva fatto trovare quella piccola credenza blu in stile tirolese con i piatti e le tazze di legno allineati nella piattaia....
Un'altra volta invece mi aveva sorpreso con il gioco della Piccola Posta.


Non ricordo come fosse esteriormente la scatola del gioco, ma il contenuto era proprio come quello che si vede nella sola immagine di riferimento che sono riuscita a trovare.
Dentro la scatola, divisa in scomparti, c'erano buste, carta da lettera in formato ridotto, le cartoline postali gialle, quelle scomparse ormai per sempre dalla circolazione: avevano la dimensione delle cartoline illustrate, ma al posto del solito panorama avevano uno spazio vuoto dove si potevano scrivere messaggi più brevi rispetto a quelli inviati per lettera. Erano un invito sfacciato alla violazione della privacy, ma allora nessuno conosceva né questa parola ,né il suo significato.

Nella scatola c'erano anche riproduzioni di francobolli in miniatura, il tampone con l'inchiostro e un bel timbro per l'annullamento. Era di legno e aveva una base rotonda : sulla gomma era impressa, a cerchio, la scritta "poste italiane" con al centro una stellina.

Quel gioco mi teneva occupata per ore e mi faceva sentire importante.




Il postino e l'Ufficio postale erano punti di riferimento importanti in un'epoca in cui non c'era nemmeno l'idea di cellulari ed e-mail.
Il primo era una persona del paese che conosceva ogni strada e ogni persona; passava tutti i giorni in bicicletta davanti a casa con una sacca nera a tracolla piena di corrispondenza; a volte si fermava a fare due chiacchiere, così finiva col sapere vita, morte e miracoli di ogni famiglia.

All'Ufficio postale ci andavo spesso con mia sorella Nicoletta e le persone che lavoravano allo sportello al di là del vetro, nonostante i volti familiari, avevano ai miei occhi una certa autorevolezza, forse per il suono imperioso dei loro timbri .

Ho letto in una rubrica di filatelia, che forse, proprio perché la posta un tempo era vista con curiosità, interesse e prestigio, gli ideatori di giochi in scatola ne avevano intuito le possibilità di successo, analogamente ad altri giochi che si ispiravano a varie attività.
E sempre lo stesso articolo riportava che il gioco era nato alla fine dell'Ottocento e si era diffuso con successo nei paesi occidentali.

Forse ispirandosi a questo vecchio successo ,pochi anni fa Poste Italiane ha messo in vendita un gioco intitolato Postopoli, che da quanto ho letto è stato un enorme fiasco.

Del resto troppe cose sono cambiate. Oggi il postino , quando viene e se viene, è un perfetto sconosciuto, perché cambia in continuazione. Viaggia in motorino e con un carico di posta consistente per il 70% in materiale pubblicitario. Per le raccomandate ti porge un apparecchietto diabolico sul quale la tua firma sembra quella di un analfabeta, sempre che abbia la pazienza di aspettare oltre i trenta secondi dopo aver suonato il campanello.

Qualche giorno fa, proprio perché non avevo rispettato il termine dei trenta secondi, sono andata all'ufficio postale del paese per ritirare una raccomandata. Non ci andavo da un sacco di tempo e il posto mi è sembrato bello, moderno, tirato a lucido, con i numeri luminosi che si accendono sopra gli sportelli.
Fortunatamente non c'erano code, anzi , non c'era proprio nessuno, per cui mi sono diretta al primo sportello . L'impiegata al di là del vetro mi dice che devo comunque procurarmi al distributore il biglietto con il numero. Giusto il tempo di capire come funziona il marchingegno, torno allo sportello ma l'impiegata non c'è più, o meglio , ha lasciato la postazione per intrattenersi qualche metro più in là con una collega alla quale sta raccontando , con dovizia di particolari, il tormentato rapporto con una cognata.
Aspetto pazientemente per qualche minuto, poi oso richiamare l'attenzione con un discreto colpo di tosse. In un attimo vengo incenerita da uno sguardo carico d'odio. Dopo qualche minuto l'impiegata riprende il suo posto e mi consegna la raccomandata in malo modo e con l'aria di chi sta pensando "non osare a mettere più piede in questo ufficio!"

Sarà per questo che Postopoli è stato un fiasco ???...

Naturalmente chiedo scusa a tutte le persone che svolgono il loro lavoro con serietà ed efficienza all'interno di Poste Italiane. Vi prego, fate sentire la vostra voce e venite a prendervi la stima che vi compete .




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